SX - Cod. dscn4818 

foto fine '800 - British Museum

prima del restauro del 1930


testa di cavallo del carro di Selene

la dea della luna piena

Scultore: Pheidias (Fidia), figlio di Charmides

Proviene dal Frontone Est del Partenone, questa scultura risale al 447-432 AC e rappresenta uno dei cavalli dal Carro di Selene, la dea della luna. Incredibilmente veritiero l'aspetto di grande affaticamento, reso dalla mascella cadente e dalle narici dilatate - esprime la sua stanchezza assoluta dopo il grande faticoso lavoro durato notti e notti.

terracotta patinata a regola d'arte
dimensioni: H 25 cm - L 31 cm

195,00 €

Prezzi esposti al netto d' I.V.A.


english version

The horses of Selene

Originating from the East Pediment of the Parthenon, this sculpture dates from 447-432 BC and represents one of the horses from the Chariot of Selene, the goddess of the moon. Its appearance of exhaustion - drooping jaw and flaring nostrils - express its utter weariness after the nights work.

terracotta with patina

dimension: 9,84 x 12,20 inches

195,00 euro

 

tax free for Shipment Outside Italy

 

 

esemplare del British Museum - Londra - dopo il restauro del 1930

 

British Museum - Sala del Partenone - pezzi gialli

 

i pezzi gialli sono al British Museum di Londra - i pezzi blu sono all'Acropolis Museum di Atene

East Pediment

links to the Museums

 

attuale frontone Est del Partenone

 

Selene

Nella mitologia greca, la dea Luna, figlia del titano Iperione e della titanide Teia, e sorella di Elio, dio Sole.

La Luna nella sua scintillante pienezza, è simbolo di vita: per la mitologia greco-ellenistica esso assume il nome di Selene (il quale deriva da sélas , che significa "splendore"). Esiodo nella Teogonia racconta che Selene nacque da Theia e Iperione, divinità legate alla luminosità del cielo, che con la loro unione generarono anche Elio, dio del Sole, ed Eos, dea dell'aurora. Di Selene così canta l'inno omerico:

Da lei, dal suo immortale capo, un diffuso chiarore
si spande sulla Terra e una sovrumana bellezza appare
sotto la sua luce: l'aria buia si fa luminosa
di fronte alla sua corona dorata, e i raggi splendono
quando dall'Oceano, lavate le belle membra,
indossata la veste lucente, la divina Selene,
aggiogati i bianchi puledri dal collo robusto,
lancia in avanti il cocchio splendente
e appare, dopo il tramonto, al culmine del mese.

Selene venne anche chiamata con il nome di derivazione frigia Méne, la cui radice etimologica significava "misura, computo". Non è un caso, dunque, che il termine latino mensis (ovvero "mese") derivi dalla medesima radice: occorre infatti ricordare che, almeno fino alla riforma imposta da Giulio Cesare verso la metà del I secolo avanti Cristo, il calendario romano era basato sul ciclo lunare e perciò in origine il "mese" altro non era che l'unità di misura che rappresentava l'intervallo di tempo tra una Luna nuova e l'altra. Si comprende bene, quindi, perché nell'ultimo verso dell'inno omerico qui sopra citato si dica che Selene, cioè la Luna piena, "appare, dopo il tramonto, al culmine del mese ": il culmine del mese è proprio il plenilunio.

Marco Murara