Manifattura Andrea CHIAIESE 1671
Nicola
Aniello, Leonardo Gennaro e Gennaro Ignazio
Capostipite di questa importante famiglia di ceramisti napoletani fu Andrea
(1671). Suoi figli sono Nicola Aniello (ATTIVO 1718), Leonardo Gennaro (attivo
1774), Ignazio Antonio (attivo 1782), e Gennaro Ignazio (attivo 1756).
Ignazio fu un grande specialista in decorazioni pavimentali, e si dedico
anche alla produzione di un tipo di vasellame affine a quello dei Massa. La
Sua commissione più prestigiosa fu quella dell'esecuzione del pavimento della
Galleria del Palazzo dei Vicerè di Palermo, su disegno di Cosimo Vetromile,
che però è andato perduto. Questo lavoro si inserisce in un più generale e
inteso spostamento della produzione di pavimenti napoletani verso la Sicilia. Dal
1760 è documentata la qualifica di Ignazio come "Capo mastro riggiolaro" della
Sua fabbrica. Di questo periodo sono il rivestimento ceramico della grande
cupola di S. Marcellino (1764), vero trionfo della decorazione naturalistica
napoletana. Tutto il vasto repertorio decorativo di Ignazio, si sciorina
nel pavimento del presbiterio del Divino Amore, dove, con forti note di gusto
rococò, si compiace in asimmetrici roccailles. Ma a rilevare la sua forte
personalità artistica è il pavimento (1777) che un tempo era nel coro del
convento di S. Andrea delle Dame, poi rimosso e installato nel salone del
Museo Nazionale , infine montato nel piccolo coro della Badia di Cava dei
Tirreni. Nel 1785 poi eseguì la riggiolata nella Reale Biblioteca, nel Palazzo
degli Studi, su direzione degli ingegneri Gaetano Bronzuoli e Pompeo Schiantarelli.
Un'opera che è andata perduta. Altre decorazioni assegnate alla fabbrica Chiaiese,
sulla base di questi lavori, sono il pavimento della Meridiana nella Certosa
di San Martino, con figurazioni maiolicate dei segni zodiacali, attribuite
a Leonardo Chiaiese (1771); l'elegante prospetto del cortile del Palazzo Correale
a Sorrento (1772); il pittoresco orologio con le "4 stagioni", con scena paesistica
nel quadrante della torre civica di Roccamonfina (Caserta, 1777); il rivestimento
parietale del convento di S. Paolo Maggiore, ora nel museo di S. Martino;
un pannello del convento di Santa Chiara; i pavimenti delle cappelle della
chiesa del Rosario, di Mercato S:. Severino, in provincia di Salerno. Vi sono
poi ancora, come opere attribuibili, il pavimento proveniente da una chiesa
di foro d'Ischia, ora sistemato nell'Istituto d'Arte di Napoli, e molte riggiole
depositate presso lo stesso, tra cui una "Fuga in Egitto".
E' necessario sottolineare anche la collaborazione che si instaurò tra
alcune officine, in particolare con quella dei Massa in sieme a Leonardo e
Ignazio assume un'importante commissione da parte della Corte per la pavimentazione
della villa e della Reggia di Capodimonte.
La collaborazione si intensifica, e nel 1759 Ignazio, con Giuseppe Massa,
i Barberio e gli Attanasio, lavorano insieme al rivestimento della cupola
del Sedile di Porto, poi andato perduto.
Una figura che si distacca dal repertorio di gusto rococò di famiglia,
è quella di Leonardo Chiaiese. Un artista definito da G. Donatone "trasognato
naif ante litteram" per il suo modo fantastico improntato ad una vena naturalistica.
La sua prima opera autografa è il pavimento del comunichino della chiesa di
Suor Orsola Benincasa (1743). Nello stesso convento si conservano due decorazioni
parietali da cui risulta evidente che Leonardo cercava di non servirsi dei
cartoni, ma di ricorrere alla propria ispirazione ed inventiva. Si tratta
di un pannello con la figura di Giobbe, e l'altro con la Samaritana al pozzo. E'
un'opera autografata e datata 1761, il famoso pavimento della chiesa di S.
Michele ad Anacapri. G. Donatone riconosce poi lo stile di Leonardo nell'inedito
ininterrotto rivestimento parietale del convento di S. Giuseppe dei Ruffo. Si
può dire che Leonardo, rimasto attivo sino a 78 anni, abbia dedicato tutta
la vita alla professione di decoratore. Gennaro, l'ultimo dei fratelli, fu
un valente "faenzaro". Diresse per 3 anni la real fabbrica di maioliche, ma
dopo la sua chiusura se ne perdono le tracce.
I figli dei fratelli continuarono l'attività di famiglia fino al 1848,
ma il periodo di maggior splendore della manifattura è quello del secolo precedente,
quando i pavimenti dei Chiaiese invadono la Sicilia influenzando il gusto
locale.
tratto da "Le Riggiole"
Virginia Catanesi